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Salute e Benessere

Come smettere di fumare il sigaro, ecco perché è differente dalle sigarette

C’è chi lo accende solo la domenica, chi lo associa a momenti speciali, chi lo considera un rito elegante. Il sigaro ha un’aura tutta sua.

Diversa dalla sigaretta, meno frettolosa, più “rituale”. Ma proprio questa aura rischia di far sottovalutare i reali rischi legati al suo consumo. E smettere, quando arriva il momento, può sembrare persino più complicato. Ma lo è davvero?

Come smettere di fumare il sigaro, ecco perché è differente dalle sigarette (SigariAvana.it)

Partiamo da qui. Spesso chi fuma sigari tende a pensare: “Non li aspiro, quindi non fa male come le sigarette”. In realtà, è un falso mito. Anche senza inalare, le sostanze tossiche vengono assorbite attraverso la mucosa orale. E no, non sono poche. Secondo l’Istituto Superiore di Sanità, fumare un sigaro può esporre l’organismo a una quantità di nicotina pari a quella di diverse sigarette messe insieme.

Un sigaro, infatti, brucia più a lungo, viene fumato lentamente, e ha un contenuto di tabacco molto più alto. Ecco perché smettere con il sigaro è diverso rispetto a smettere con le sigarette. Il legame è spesso più psicologico, più cerimoniale. Non è solo l’abitudine fisica, ma anche l’immagine mentale che uno ha di sé mentre lo fuma.

Non si tratta solo di dire “da domani basta”. Chi fuma sigari spesso non si vede come un “fumatore classico”. Magari non fuma ogni giorno, magari non tiene il pacchetto in tasca, ma questo non rende meno reale la dipendenza. Anzi, proprio perché è legata a momenti particolari – dopo cena, in compagnia, durante una partita a golf – diventa ancora più insidiosa. E più difficile da riconoscere come abitudine dannosa.

Chi ha smesso, spesso racconta che la parte più difficile non è stata rinunciare alla nicotina, ma al gesto. Al sapore, all’odore, alla sensazione di “chiusura del cerchio” che il sigaro rappresentava. E allora la domanda da porsi potrebbe non essere solo: “Come smettere?”, ma anche: “Cosa sto cercando quando accendo un sigaro?”

Strategie che funzionano (anche per chi non si sente “dipendente”)

Una buona partenza è distinguere tra abitudine e bisogno. Molti ex fumatori di sigari raccontano di aver cominciato il percorso senza volerlo davvero. Magari per un controllo medico, per una pressione familiare, o per curiosità. Ma ciò che ha fatto la differenza è stato rendersi conto di quanto il sigaro fosse diventato un pilota automatico in certi momenti.

Strategie che funzionano (anche per chi non si sente “dipendente”) (SigariAvana.it)

Scrivere un diario – anche solo per una settimana – può aiutare a capire quando, dove e perché si fuma. In alternativa, si possono esplorare rituali sostitutivi che diano lo stesso senso di “pausa”: un tè, un piccolo hobby, una camminata breve dopo cena.

Nel frattempo, esistono risorse autorevoli come Tobacco Free Life o il sito del Ministero della Salute, che offrono supporto e dati aggiornati. Anche consultare un medico o uno psicologo esperto in dipendenze può essere un passo più semplice di quanto sembri.

Chi fuma sigari spesso ha una personalità riflessiva, che ama la lentezza, il gusto delle cose fatte con calma. E se quell’attitudine potesse restare anche senza fumo? Magari sostituendo il gesto con qualcosa che arricchisce invece di consumare?

In fondo, smettere di fumare non è solo togliere: è anche aprire spazio a qualcos’altro. La domanda vera potrebbe essere questa: cosa ti piacerebbe metterci, in quello spazio nuovo?

Matteo Fantozzi

Giornalista pubblicista dal 2013 è laureato in storia del cinema e autore di numerosi libri tra cui “Gabriele Muccino il poeta dell’incomunicabilità” e “Gennaro Volpe: sudore e cuore”. Protagonista in tv di trasmissioni come La Juve è sempre la Juve su T9 e Il processo dei tifosi su Teleroma 56.

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