Parlare di sigari oggi significa camminare in equilibrio su un filo sottile. Da un lato c’è l’aspetto culturale, storico, persino rituale; dall’altro ci sono le preoccupazioni legate alla salute e al fumo in generale.
Ma siamo sicuri che tutto ciò che si dice sia davvero corretto?

Intendiamoci subito: fumare fa male, su questo non si discute. Nessuno dovrebbe iniziare a fumare pensando che sia salutare. Ma mettere nello stesso calderone sigarette e sigari è come paragonare un fast food a una cena gourmet: la differenza non è solo nel gusto, ma nel modo in cui si consuma, nella frequenza e negli effetti.
Una delle principali differenze tra chi fuma sigari e chi fuma sigarette è l’inalazione del fumo. Chi fuma sigarette lo fa inalando direttamente nei polmoni. I fumatori di sigaro, invece, tendono a non inalare, ma a trattenere il fumo in bocca per assaporarne gli aromi. Questo non annulla del tutto i rischi, certo, ma riduce drasticamente l’impatto polmonare.
Un altro elemento che spesso sfugge ai discorsi generalisti è la frequenza di consumo. Il fumatore abituale di sigarette accende decine di sigarette ogni giorno. Chi ama i sigari, invece, li considera spesso un piacere raro, da concedersi ogni tanto, magari in compagnia o in un momento speciale. Anche qui, il rischio cumulativo è diverso, perché tutto dipende dalla quantità e dalla regolarità.
Sigari e sigarette
Le sigarette commerciali sono notoriamente ricche di additivi chimici, pensati per aumentare la dipendenza o mascherare odori e sapori. I sigari premium, invece, sono prodotti artigianali, fatti con foglie di tabacco intere, fermentate e stagionate naturalmente, senza l’aggiunta di sostanze artificiali. Questo non li rende salutari, ma li distingue molto in termini di purezza e lavorazione.

Un altro luogo comune da rivedere: “basta un sigaro per diventare dipendenti”. Non è così. Il contenuto di nicotina nei sigari è alto, ma, come detto prima, l’inalazione è assente o minima e spesso il consumo è saltuario. Chi fuma un sigaro al mese, ad esempio, difficilmente sviluppa una dipendenza fisica.
C’è poi un aspetto che sfugge alle statistiche ma che incide nella percezione: il sigaro è spesso associato a rituali di rilassamento, a momenti di riflessione o celebrazione. In molte culture, rappresenta qualcosa di più che un semplice gesto. È un oggetto che racconta storie, viaggi, tradizioni. E questo, anche se non cambia gli effetti fisiologici, cambia il modo in cui viene vissuto.
In fin dei conti, demonizzare tutto senza fare distinzione rischia di creare solo disinformazione. È giusto conoscere i rischi — e ce ne sono — ma è altrettanto importante distinguere le pratiche, i contesti e le modalità.
La domanda allora non è “fa male?”, ma forse: come lo vivi tu questo piacere? E quanto ne sai davvero di ciò che stai fumando?
Se vuoi approfondire, esistono studi indipendenti e fonti attendibili che mettono a confronto i diversi tipi di consumo del tabacco. A volte, la verità è molto più sfumata (e profumata) di quanto ci raccontano le scritte sui pacchetti.